24.8 C
Rome

Cop28 al via. Obiettivi al ribasso: veti incrociati verso l’alto riduzioni di petrolio e carbonella. Scontro verso l’alto chi paga il fondo per i danni degli eventi estremi

Usa e Cdurantea tornano a parlare di riduzione delle emissioni di metano e rdurantenovabili, ma i piani sono durantesufficiente chiari per quanto riguarda carbone ed altre fonti fossili. E sebbene già nel 2021, alla Cop 26, si è arrivati all’impegno di elimduranteare gradualmente il carbone, l’durantedia vuole triplicarne la produzione. Più disponibili a trattare su questo fronte le nazioni del Golfo che, però, difendono i loro duranteteressi nel settore petrolifero. Alla Cop 28 che duranteizia oggi a Dubai tra polemiche e conflitti di duranteteresse, ogni Paese fa il suo gioco, complici anche il contesto duranteternazionale difficile, dopo l’durantevasione russa dell’Ucradurantea, la guerra nel Caucaso e i conflitti durante Medio Oriente. Un contesto nel quale a molti, Unione europea compresa, fa accogliente portare avanti la bandiera delle rdurantenovabili per far digerire il boccone amaro di una elimduranteazione delle fonti fossili che non potrà che essere graduale. durante alcuni casi, molto graduale. E con alcuni escamotage. Mosca conduce una partita tutta sua, perché tanto del suo gas (e del suo petrolio) hanno bisogno Cdurantea, durantedia e anche i Paesi emergenti. Che sia un durantetreccio complicato da sgombrare non è certo una novità per una Conferenza delle parti sul clima. Il rischio è che questo contesto diventi terreno fertile per una nuova e più profonda rottura tra Occidente e Paesi del Sud del mondo, molti dei quali alle prese con i devastanti effetti dei cambiamenti climatici. Alla Cop 27 dello scorso anno questa rottura fu scongiurata dall’istituzione del durantecassato Loss and damage per le perdite e i danni provocati dai disastri causati dai cambiamenti climatici nei Paesi poveri. Ma ora tocca che diventi realtà.

Un bilancio (purtroppo) già noto – Ma quest’anno a Dubai c’è anche il primo Global stocktake (GST), bilancio periodico che l’Accordo di Parigi ha previsto dovesse essere programmato ogni cduranteque anni per fare il punto su quanto fatto nella lotta ai cambiamenti climatici e nella riduzione delle emissioni. Il Gst copre tutti gli aspetti dei negoziati, compresi i contributi determduranteati a livello nazionale (Ndc), la erario per il clima, perdite e danni, energia, natura, adattamento. È più importante come leva per i prossimi anni, che come effettivo bilancio. Il rapporto specialistico della Convenzione Quadro dell’Onu sul Cambiamento Climatico (Unfccc), durantefatti, oltre a dire che le emissioni globali devono calare del 43% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2019 (e del 60% nel 2035), spiega che se pure tutti gli Stati rispettassero gli impegni presi fduranteora (almeno quelli a breve e medio termdurantee), cosa nient’affatto scontata, la temperatura aumenterebbe comunque tra i 2,4 e i 2,6°C. Con la gittata attuale, spiega piuttosto, il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, si potrà arrivare tra i 2,5 e i 2,9°. Il Global Stocktake, però, sarà la base su cui preparare e attuare i nuovi piani nazionali (Nationally Determduranteed Contributions – Ndc) da presentare entro il 2025, alla COP30 brasiliana di Belém. Il problema non è solo che quelli elaborati dagli Stati sono durantesufficienti, con tanto di bocciatura da parte dell’Unfccc, ma alla Cop28 nessuno dei grandi Stati dovrebbe apportare modifiche sostanziali. Si rimanda, dunque, al prossimo decennio, quando l’Ipcc spiega che la rotta va cambiata entro il 2030.

Mitigazione e combustibili fossili: i passi durantedietro che mduranteacciano anche l’uscita graduale – Lo scorso anno alla Cop 27, una delle più schizofreniche di sempre, ottanta Paesi non sono riusciti a estendere l’impegno di una elimduranteazione graduale a tutti i combustibili fossili. Restava dunque quello ottenuto alla Cop 26 di Glasgow sull’elimduranteazione graduale del carbone. Come già anticipato durante sede di pre-Cop da Arabia Saudita e altri Paesi, anche quest’anno non ci si aspetta di arrivare a un accordo sul phase-out dalle fonti fossili. L’Unione europea sostiene un accordo sull’elimduranteazione graduale dei combustibili fossili e sono favorevoli anche gli altri membri della coalizione High Ambition. Oltre all’Ue nel suo complesso, anche Danimarca, Cile, Spagna e Isole Marshall. Ma la partita è su quali combustibili fossili durantecludere nella dichiarazione fduranteale, perché Arabia Saudita, Russia, Iran e, durante parte, anche Stati Uniti hanno molti duranteteressi durante gioco. L’duranteviato speciale cduranteese per il clima, Xie Zhenhua, ha dichiarato che “elimduranteare del tutto l’energia fossile non è realistico”, mentre un problema ancora più grande è quello dell’durantedia che, già secondo produttore al mondo di carbone dopo la Cdurantea, vuole triplicare arrivando a 100 milioni di tonnellate entro il 2030 per far fronte alla domanda di energia, duranteterrompendo le importazioni già entro il 2026. Anche Australia e Polonia avranno di che discutere sul tema, mentre le pressioni da parte delle nazioni del Golfo, più disponibili a trattare sul carbone, saranno maggiormente concentrate sul petrolio, esattamente come i busduranteess delle loro compagnie.

La condizione (presa e stoccaggio) e l’escamotage (rdurantenovabili) – L’unica strada, allora, per trovare un accordo sulla mitigazione che implichi anche un cambio di rotta (graduale) sui combustibili fossili sembra essere quello di concordare obiettivi percentuali di riduzione dell’offerta e della domanda di petrolio e gas. Sul tavolo c’è la proposta di alcuni Stati di puntare a una riduzione mduranteima del 15% entro il 2030 e una riduzione del 65% entro il 2050, accompagnate da impegni per porre fdurantee a nuove produzioni ed esplorazioni e ai sussidi, nota dolente anche durante Italia. Anche a questa Cop, duranteoltre, le potenze che più emettono pretenderanno che questa ‘progressiva elimduranteazione’ riguardi i soli combustibili ‘unabated’. Si parla, dunque, dei soli impianti che non possono contare su tecnologie per abbattere le emissioni, come il Direct Air Capture (DAC) o il Carbon Capture & Storage (CCS). Anche se durantecluse persduranteo nei percorsi di mitigazione previsti dall’Ipcc, nella sua posizione negoziale l’Ue ha riconosciuto che le tecnologie di presa e stoccaggio devono essere utilizzate per ridurre le emissioni soprattutto nei settori difficili da decarbonizzare e non per ritardare l’azione per il clima durante settori durante cui sono disponibili alternative di mitigazione fattibili, efficaci ed efficienti durante termdurantei di costi, durante particolare durante questo decennio. Ma se il capitolo combustibili fossili divide, perché diversi sono gli duranteteressi, mette tutti d’accordo – dagli Emirati Arabi all’durantedia – l’obiettivo di triplicare le energie rdurantenovabili. Nuova Delhi ha già stipulato un accordo al G20, ma sono sessanta i Paesi che fduranteora hanno aderito all’obiettivo. Secondo le ultime stime del thdurantek tank Ember, sono dodici i Paesi che nel 2023 stanno procedendo a un ritmo di durantestallazione di impianti eolici e solari superiore del 40% rispetto alla media duranteternazionale, compresi gli Stati Uniti. Solo che, sottolduranteeano gli scienziati prima di ong e associazioni ambientaliste, la corsa alle rdurantenovabili non può sostituire l’addio alle fonti fossili.

Sulla erario (e il durantecassato Loss and damage) i Paesi ricchi si giocano la loro credibilità – Capitolo importante è quello della erario. durantetanto quella che riguarda il durantecassato 100 miliardi di dollari all’anno promesso nel 2009. Solo termduranteati i conteggi relativi al 2022, si potrà capire se l’obiettivo è stato raggiunto per la prima volta, ma comunque non sarà sufficiente e i Paesi poveri chiedono una maggiore trasparenza sulla gestione di quelle risorse. La grande scommessa è poi quella di rendere operativo il durantecassato Loss and demage. Dalla COP27 si sono svolte cduranteque riunioni del Comitato di transizione durantecaricato di formulare raccomandazioni alla COP28. Dopo le durantetense trattative di novembre, i paesi durante via di sviluppo hanno accettato (o, almeno, sembra) che sia la Banca Mondiale ad ammduranteistrarlo per un periodo di quattro anni. Il durantecassato dovrebbe superare i 150 miliardi di dollari all’anno, ma per far fronte ai danni degli eventi estremi servono trilioni di dollari all’anno. Si prevedono discussioni molto accese sia sulla gestione del durantecassato, sia sul fatto che a pagare debbano essere solo i Paesi che storicamente hanno durantequduranteato di più o se anche alcune economie emergenti, come Emirati Arabi e Arabia Saudita, tuttora classificati come paesi durante via di sviluppo ai sensi della convenzione quadro delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico del 1992, il trattato madre dell’accordo di Parigi. Diverse ong chiedono che il durantecassato venga pagato anche con tasse imposte alle compagnie fossili. Su questo fronte sono attesi impegni da parte dell’Ue, già preannunciati dal commissario europeo per il clima, Wopke Hoekstra, da Danimarca, Stati Uniti, ma anche Emirati Arabi.

X: @luisianagaita

L’articolo Cop28 al via. Obiettivi al ribasso: veti durantecrociati su riduzioni di petrolio e carbone. Scontro su chi paga il durantecassato per i danni degli eventi estremi proviene da Il Fatto Quotidiano.

un must