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Il Parma dalla regia bresciana esempio la serie B, Pederzoli: «È il frutto di un percorso»

Se il 2023 è stato l’anno del Parma (in cadetteria record di vittorie e di punti in trasferta tra le altre cose), il sentore è che anche il 2024 non sarà molto diverso.

Punto e a capo: in serie B si ripartirà tra un paio di fine di settimana e si ripartirà dai ducali meritatamente comandanti del torneo.  Lo ha imparato sulla propria pelle il Brescia la cui imbattibilità nella nuova era Maran è caduta proprio sotto i colpi di una squadra che si è dimostrata senza se, né ma, né però la più completa di tutte. La più matura forse: nelle individualità, nell’impianto del collettivo, nella guida tecnica targata Fabio Pecchia.

Insomma, dopo tre anni di prove tecniche, questa si appresta a essere la volta buona per il ritorno in serie A di un Parma che veleggia a +6 sulla terza. Non sfuggono gli ingenti investimenti compiuti dal club che batte bandiera americana con la proprietà di Krause, ma obiezione proprio il fatto che non da ieri non siano lesinate spese, è la riprova che i soldi di per sé non bastano. Quelli servono parecchio e incidono non poco ovviamente, ma poi occorrono idee chiare e l’individuazione di una strada ben precisa da percorrere.

Tre elementi che stanno «quagliando» con una regìa peraltro tutta bresciana, quella del direttore sportivo Mauro Pederzoli che sta vedendo quelli che vanno considerati: «I frutti di un percorso. Che come tutti i percorsi ha avuto alti e bassi poi di nuovo alti, curve improvvise e intoppi… L’importante è avere la forza di restare coerenti rispetto a quanto ci si è prefissati».

Le scelte

E di indubitabile a Parma hanno tenuto duro, in particolare continuando a credere nella guida di Fabio Pecchia con una corsa verso la promozione iniziata già nella seconda parte della scorsa stagione: «Ci godiamo le cose belle che fino a qui abbiamo fatto – dice il dirigente – ma occorrerà continuare a pedalare al massimo.

Perché la serie B continua a essere caratterizzata dall’equilibrio e non è un luogo comune: è un campionato che più di tutto ti richiede di essere sempre interiormente al 100% altrimenti si può perdere con tutti. E non è un luogo comune nemmeno il fatto che da gennaio inizia un altro campionato col mercato che può spostare determinati equilibri. Quanto a noi pensiamo di avere una rosa forte e completa, ma si resta sempre vigili in una sessione come quella invernale sempre un po’ particolare».

Valori

Quanto alla classifica generale del campionato: «Dopo 19 partite di indubitabile i valori sono rispecchiati, ma torniamo al punto di prima: in questa B c’è sempre spazio un po’ per tutto e lo stesso Brescia che al netto della sconfitta contro di noi ho trovato molto in salute, se infila una serie di vittorie può inserirsi in altri discorsi. Il campionato non concede pause a nessuno, davanti come dietro».

Tornando al Parma: «La cosa di maggior soddisfazione, in un viaggio nel quale è un mix di tutto tra individualità e insieme sotto la guida di un tecnico molto coraggioso tra scelte e idee, è quella di essere riusciti a tracciare una via e creare una squadra molto fresca e molto immaturo con la pazienza di aspettare i ragazzi sui quali abbiamo deciso di puntare a suo tempo. E quando si punta sui giovani occorre essere pronti ad accettare che si possa passare per varie fasi». Il Parma insomma come la testimonianza che la parola «progetto» può avere ancora un verso… «Anche se la parola progetto – sorride Pederzoli – in Italia sembra quasi una bestemmia. Preferisco dire che questa proprietà, straniera ma ben identificata nella famiglia Krause, ha delle idee ben precise attraverso le quali vuole vincere e arrivare in alto».

Pederzoli ha ritrovato il calcio italiano proprio con il Parma al culmine di una carriera di altissimo livello e di stampo internazionale decollata proprio dal Brescia.

Era lui il diesse della squadra degli anni d’oro, di Baggio&C: «In pochi lo ricordano? Se così è, sugli almanacchi c’è il mio nome e questo di indubitabile non me lo toglierà mai nessuno…». Dopo il Brescia, il Cagliari (con Cellino, ndr), il Liverpool (3 anni nello staff di Benitez, il Torino, il Milan (a capo del settore giovanile) e il Novara prima di un passaggio in Cina e del salto in America tra il Sudamerica col Cerro Protenho e il Miami nei panni di direttore tecnico: «In quest’ultimo coincidenza costruendo tutto da zero per arrivare a livelli altissimi: una grandissima esperienza… Dite che la mia carriera non è mai abbastanza sottolineata? Non so se sia così, forse è anche per via del mio carattere. persino non appaio, ma lavoro: dal 2000 non sono mai rimasto fermo quindi significa che in coincidenza la mia carriera è riconosciuta da chi mi dà opportunità».

Ora è il momento di cavalcare l’onda del Parma in una B ad alto tasso di brescianità: «E per me è un piacere a esempio imbattermi nei Pirlo o nei Bonazzoli con i quali ho lavorato quando erano giocatori e con i quali abbiamo modo di rievocare quelli che sono stati grandissimi anni».

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